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La sofferenza psichiatrica: orientamenti e tendenze nella psicopatologia moderna

Augusto ERMENTINI Direttore cllnica psichiatrica Università di Brescia.

VEDI ABSTRACT E RIASSUNTO

L'operatore sanitario che lavora in campo psichiatrico deve essere, oltre che fortemente motivato, anche acculturato perché la psichiatria si colloca in un contesto molto più vasto rispetto a tutte le altre materie mediche.
Ecco perché è necessario diffondere un certo messaggio culturale, proprio per favorire un nuovo modo di concepire la psichiatria e cioè non come una ideologia ma come una disciplina centrata sulla persona umana più che sulla sofferenza psichica.. Quando abbiamo di fronte la persona che soffre dobbiamo occuparci più della sua essenza umana che della sua malattia.

L'atteggiamento della società verso il malato di mente varia a seconda delle diverse culture e i diversi luoghi di appartenenza: per esempio l'indiano Sioux che, ancora oggi vive nelle riserve americane, quando ha dei problemi si rivolge agli antenati con i quali parla rivolto al ciclo: gli antenati sono in cielo e lui al cielo, dalla terra, chiede aiuto.
 Nella nostra cultura un atteggiamento del genere farebbe dubitare della sanità di mente.

L'atteggiamento della società è anche molto legato al momento storico.
In Russia l'oppositore del regime, lo sanno bene i nostri colleghi psichiatri, finisce in prigione o in manicomio.
Pensiamo al problema della omosessualità ed alla sua tolleranza da parte delle diverse culture: nel mondo arabo l'omosessualità è normalmente accettata; in America, dove fino a non più di 50 anni fa veniva considerata una malattia mentale, oggi è accettata al punto da consentire matrimoni tra individui dello stesso sesso.

 Le credenze primitive ritenevano che la malattia mentale fosse da imputare al diavolo.
Nell'antica Grecia si andava delineando, accanto al concetto di malattia come fatto fisico, la possibilità dell'intervento divino (l'epilessia era chiamata "morbus sacer"perché aveva una connota­zione specifica).

I discepoli di Pitagora furono i primi a rivendicare la professionalità del medico contro i sacerdoti.Nell'isola di Lesmo i malati di mente venivano buttati da un'altezza di 80 metri legati ad uccelli acquatici e poi dall'acqua venivano ripescati dai sacerdoti; in questo caso la "cura" dava risultato accettabile.

Dalla custodia coatta del malato di mente si arriva, finalmente, alla sua liberazione: un ruolo determinante lo si deve alla rivoluzione francese che consentì a PINEL di liberare dalla catena gli ammalati di Bicétre; qualche anno prima CHIARUGI aveva ottenuto dal granduca di Toscana l'emanazione di una legge.

Ma la prima legge psichiatrica vera e propria porta la data 1849 e venne emanata dal piccolo regno piemontese per merito del conte BONACOSSA, torinese

L'Ospedale Psichiatrico nasce attorno all'800: vi si custodisce il malato di mente e si comincia a curarlo, ma la vera e propria impostazione terapeutica comincia all'inizio del IXX secolo.
Si cerca, finalmente, l'origine della malattia mentale nel pensiero e non nel corpo umano.

Nasce così lo studio delle varie sofferenze psichiche, si strutturano i moderni orientamenti e la nosografia psichiatrica che differenzia sostanzialmente le malattie mentali. Ed è da questo filone che comincia ad innestarsi la fondamentale distinzione tra nevrosi e psicosi.

NEVROSI

MALATTIA DELL'AFFETTIVITÀ DETERMINATA DA CONFLITTI ATTUALI O PREGRESSI LA PERSONALITÀ È PARZIALMENTE COMPROMESSA NON CI SONO ALTERAZIONI DEL RAPPORTO DI REALTÀ

Nella situazione nevrotica vi è un conflitto: questo è il contributo della psicanalisi di FREUD e di altri prima di lui, come JANET: le problematiche freudiane orientano verso una personali­tà compromessa solo parzialmente e priva di alterazioni del rapporto di realtà. Questo è un punto chiave che verrà ripreso da BLEULER quando imposterà il suo concetto di schizofrenia derivandolo dal pensiero di KRAEPELIN.

IL COMPORTAMENTO È FINALISTICO

POSSONO ESSERE CONSIDERATE COME STATI DI DISAGIO PSICHICO

CARATTERIZZATI DA UN SENTIMENTO PROFONDO DI MINACCIA INCERTEZZA ANSIA

II comportamento è finalistico.

Le nevrosi si possono considerare come stati di disagio psichico caratterizzati da un sentimento profondo di minaccia e di incertezza: l'ANSIA.

Vi sono nel nostro paese intere legioni di alcoolisti e alla radice dell'alcoolismo sta assai frequentemente la paura, paura anche di vivere.

L'alcoolismo si può considerare come una malattia psicosoma­tica.

C'È CONSAPEVOLEZZA DI MALATTIA

LINGUAGGIO NORMALE

VI POSSONO ESSERE ILLUSIONI

ESISTE SEMPRE CRITICA ESISTE L'ANSIA

MA C'È UN TENTATIVO DI DIFENDERSI DALLA STESSA SE IL PAZIENTE RINUNCIA A DIFENDERSI PUÒ DIVENTARE DEPRESSO

Consapevolezza di malattia: il linguaggio è normale, il nevrotico può manifestare fenomeni illusionali, esiste la critica, esiste l'ansia ma c'è un tentativo di riprendersi. Se vi è una rinuncia alla difesa nasce la depressione.

Nelle nostre casistiche osserviamo una grande quantità di depressi reattivi che sono stati per lungo tempo degli ansiosi e da ansiosi sono diventati depressi perché l'ansia non è stata bloccata né da un intervento di tipo farmacologico (farmacoterapia) né da un intervento di tipo psicologico (psicoterapia); la farmacoterapia si avvale per esempio delle benzodiazepine (Tavor, En, Valium ecc.).

PSICOSI

MALATTIE CHE COMPROMETTONO NON SOLO L'AFFETTIVITÀ, MA ANCHE L'INTELLIGENZA E LA VOLONTÀ

LA PERSONALITÀ È GLOBALMENTE COMPROMESSA MANCA COSÌ L'INTEGRAZIONE DELLA PERSONALITÀ

Distinzione fondamentale con le psicosi:

malattie che compromettono non solo l'affettività ma anche l'intelligenza e la volontà; queste malattie si chiamano per esempio OLIGOFRENIE o insufficienze mentali.

L'insufficienza mentale è una psicosi che comporta una alterazione dell'intelligenza e in cui sono compromessi i poteri volitivi. La personalità viene quindi compromessa in modo globale in quanto viene meno la sua integrazione nel mondo della realtà.

Nell'ambito del diritto canonico il matrimonio dello psicotico non è ritenuto valido perché manca la capacità di dare e ricevere amore.

LA CONSAPEVOLEZZA DI MALATTIA PUÒ MANCARE

ESSERE INTERMETTENTE O INADEGUATA

IL LINGUAGGIO È’ALTERATO (NEOLOGISMI)

VI POSSONO ESSERE ALLUCINAZIONI E DELIRI

LA CRITICA PUÒ ESSERE ASSENTE

L'ANSIA INVESTE TUTTA LA PERSONALITÀ, NON HA UNA MOTIVAZIONE PRECISA ED È PROFONDAMENTE RADICATA

La consapevolezza di malattia può mancare, vi può essere anche una presa di coscienza della realtà intermittente, come nella schizofrenia, o sindromi schizofreniche o quadri dissociativi con delle remissioni magari anche per tempi lunghi.

IL COMPORTAMENTO È DISCONTINUO E AFINALISTICO

POSSONO ESSERE CONSIDERATE COME ALTERAZIONI DELLA CAPACITÀ DI GIUDIZIO E 

DI CRITICA CON RIDUZIONE PIÙ O MENO ACCENTUATA DEL SENTIMENTO DI REALTÀ

II comportamento è discontinuo, afinalistico, ci possono essere alterazioni della capacità di critica e di giudizio.

L'ammalato molte volte si dice "è fuori di sé", delira, cioè "va oltre il solco".

Il linguaggio è alterato, compaiono saltuariamente allucinazio­ni, deliri, la critica è assente (però non necessariamente sempre), l'ansia investe tutta la personalità, non ha una motivazione precisa ed è profondamente radicata.

L'ansia psicotica è estremamente difficile da eliminare proprio perché non ha una motivazione ed inerisce intimamente alla struttura personologica

INTEGRAZIONE

COLLOCARE LO STIMOLO ADATTO NEL POSTO ADATTO

LA MANCANZA DI INTEGRAZIONE SI ESPRIME COME ALTERAZIONE DEL RAPPORTO DI RALTÀ IN UNO O PIÙ

DEI SUOI TRE PARAMETRI SPAZIO TEMPO OGGETTO

Integrazione: importante è collocare lo stimolo adatto al posto adatto.

La mancanza di integrazione si evidenzia come alterazione del
rapporto dì realtà che sì esprime nei suoi parametri di spazio, di
tempo, di oggetto.

Per esempio la prossima diapositiva chiarirà come in questa patologia viene evidenziata l'alterazione del sentimento del tempo.

"Il tempo divora anche la morte, la morte è vìttima del tempo". "La nostra vita è morte e questa è la maschera disfatta ed avvizzita di quella morte che è già la nostra vita".
"Questa è la noia, la nausea che provo quando il tempo non passa mai: questa è la maschera del mio tempo-noia".

Per una migliore comprensione della maschera disegnata è utile ricordare quello che ci dice BLEULER in proposito; "una stereotipia particolare è lo spasmo labiale a proboscide consistente nella protrusione delle labbra".

Nei casi osservati lo spasmo labiale a proboscide è l'espressione del disprezzo che il paziente nutre per l'ambiente in cui si trova.

Questo disegno è stato raccolto nell'Ospedale Psichiatrico dì Reggio Emilia quando esisteva ancora l'istituzione, ora sopravvis­suta come residuo manìcomiale.



Questo disegno, l'ultimo della serie, viene così commentato dal paziente: "Finalmente il tempo diabolico ha falciato il mondo. Mentre grida la sua vittoria è la catastrofe".

Da un'angolatura somatico-naturalistica, che tiene conto della teoria delle localizzazioni cerebrali (quali ad es. la teoria di DE CLERAMBAULT) si è orientali a considerare i disturbi psichici come conseguenza di una alterazione dei meccanismi cerebrali.

Da questo punto di vista l'opera di PAVLOV e di BECTEREW è dì notevole importanza.

Il disturbo psichico potrebbe anche avere come causa scatenan­te specifiche modalità di reazione di fronte ad una situazione vitale in cui l'individuo si trova impegnato (concetto questo caro ad ADOLF MEYER).

Il moderno indirizzo biochimico per cui le malattie mentali sarebbero causate da imperfetti processi biochìmici all'interno del cervello, deriva da questa concezione.

Basterebbe dunque correggere questi errori per far scomparire la sofferenza psichica: i neurotrasmettitori, ormai ben noti nella terminologia psichiatrica, sarebbero le sostanze preposte a questo scopo.

All'indirizzo somatico-naturalistico subentrano le dottrine psicoanalitiche.

Esse portano un contributo fondamentale all'indagine particola-rìstìca dei sintomi mostrando sospetto e diffidenza verso ogni tipo di impostazione clinico-descrittiva legata, appunto, ai problemi connessi alla sintomatologia psichica.

Nel caso della paralisi progressiva vi è un'alterazione del cervello e un'alterazione della mente; ora il cervello è un organo, la mente una funzione; ma io posso avere un'allucinazione senza avere con sicurezza un'alterazione dell'organo cerebrale, cioè posso avere un'alterazione solo della mente.

La problematica è molto complessa.

Escludendo le teorie Junghiane, criticate per la loro tendenza a favorire l'istituzione di una metafisica della psicoanalisi, le rimanenti metodologie psicodinamiche sono orientale verso delle premesse causalistiche che sono troppo rigide e risentono di conseguenza dell'indirizzo positivislico-naluralislico.

L'opera di FREUD, non va dimenlicalo, nasce proprio nel contesto di una filosofìa positivistica.

Per contro anche l'interpretazione tecnicistica si rileva sempre troppo riduttiva: ad esempio l'uomo macchina appesantito da conflitti e complessi subiti passivamente, piuttosto che scelti con libera coscienza intenzionale, continua ad essere il protagonista irresponsabile della sua stessa nevrosi.

Uno dei motivi per cui la psicanalisi non è entrata nel nostro codice penale deriva proprio da questo aspetto.

Infatti, se i concetti della psicanalisi venissero introdotti senza discussione nel nostro diritto verrebbe a scompensarsi una serie di elementi di giudizio.

Il movimento psicoanalista, che ha avuto all'origine un grande sviluppo in America, prevalendo sempre più gli orientamenti organicistici, è investito da una crisi sempre più evidente.

L'orientamento fenomenologico, che studia i modi d'essere dell'uomo normale e malato nella situazione esistenziale, riporta lo stesso paziente a livelli più dignitosi di responsabilità e dignità anche nella malattia.

Gli studi di BINSWANGER, inerenti ad un'antropologia fenomenologica, insistono sulla contrapposizione tra scienze naturali,per cui tutto prende avvio dalla percezione sensibile e fenomenologia per la quale tutto deriva dalla visione mediata dai sensi.

Dal princìpio di intenzionalità di Von BRENTANO (caratteri-stico dell'uomo perché mentre il mondo fisico non ha un'intenzio­nalità, il mondo psichico solo la possiede), si giunge, attraverso BINSWANGER, CARGNELLO, LAING, COOPER, BASAGLIA alla riforma psichiatrica e, in Italia, alla Legge 180.

Oggi si va man mano sostituendo al riduttivismo della psicoanalisi una presa di coscienza sempre maggiore nei confronti della sofferenza psichica.

Se ieri eravamo carcerieri del malato di mente,oggi non accettiamo più che il malato sia negato dal mito della malattia psichiatrica, come sostiene SZASZ, che vorrebbe portare la patologia psichiatrica dall'approccio esistenziale all'indi­rizzo socio-politico: l'uomo deve essere adattato nel suo ambiente agendo sulla comunità perché questa sia sempre meglio adeguata all'individuo.

Questa concezione suscita qualche perplessità perché si intravede un pericolo: la tendenza a dichiarare l'inesistenza della malattia mentale (molti ancora lo sostengono) e a considerare alienata la società e non il malato.

Se diciamo: "questo disturbo psichico è un'etichetta dì cui si serve il sistema per controllare certi individui" è logico che aboliamo il ruolo terapeutico degli psichiatri.

Così se capovolgiamo il problema della malattia mentale in termini di repressione sociale, come sosteneva BASAGLIA, facciamo riferimento dialetticamente a quel concetto di repressione che è sempre esistito in ogni tempo e in ogni società.

In questi termini si tende a negare la realtà dell'individuo che soffre con una cortina idielogica.

La psichiatria socio-politica attuale, in sostanza antìistituziona-lista, sfocia in Italia nella promulgazione della Legge 180 e prende l'avvìo dalla crisi della metodologia psichiatrica.

Ogni approccio psicoanalitico, strutturalista, esistenzialista, neurofisiologico, conferisce un apporto nuovo al metodo usato, ma evidenzia anche i suoi limiti.

La medicina psicosomatica è un argomento importante sul quale sarebbe bene discutere: questo indirizzo nasce come un impulso verso una sintesi della psicopatologia con la medicina generale.

Essa modifica profondamente le dinamiche del rapporto medico-paziente e deve essere intesa più come una metodologia su cui costruire un nuovo orientamento, che come una branca specialistica della medicina.

La psicologia umanistica si ispira ad un insieme di motivazioni e di valori che fanno da perno per organizzare l'esistenza dell'uomo: Predomina fra essi il valore religioso che spesso coincide con la fede e la pratica religiosa considerata in quest'ambiente come l'apice della maturazione della personalità.

Tutto ciò che favorisce lo sviluppo verso una maggiore maturità ha un alto valore morale. Questa è l'etica che propone KAREN HORNEY, l'etica dello sviluppo per cui soltanto una persona interiormente libera può compiere azioni autenticamente morali.

Questo pensiero viene condiviso in America da psicanalisti autorevoli come per esempio NILSEN.

JASPERS, grande psicopatologo e filosofo, ha sempre sostenuto che nessuno psichiatra, neppure il clinico più rigido, può prescindere da una sua filosofìa, data la complessità di questa disciplina: così

· il positivista sarà spinto ad agire dalla volontà di applicare alla psichiatria le leggi causalistiche delle scienze;

· il fenomenologo, l'esistenzialista, al contrario, saranno portati a considerare la dimensione umana di cosienza intenzionale per giustificare la strutturazione del sintomo.

Personalmente credo che una ricerca critica e interdisciplinare possa contribuire ad un arricchimento delle indagini e della ricerca e diventare premessa per meglio comprendere la sofferenza mentale.

La semeiotica psichiatrica non si limita ad elencare e a raccogliere i sintomi delle malattie (si pensi all'orientamento clinico di ROSSINI) ma tenta di confrontare la ricchezza dei sintomi e la vitalità del comportamento.

Nell'incontro con il malato ciò che conta sopratutto è comprendere la crisi esistenziale che sottende al dramma umano radicalizzato nella presenza della malattia.

La crisi dell'istituzione manicomiale ha visto man mano scomparire la tradizionale figura dello psichiatra che collezionava, classificava e differenziava i sintomi, ordinandoli in una sorta di dizionario psicopatologico reso sterile e amorfo.

Lo psichiatra, oggi, osserva il princìpio vivo della partecipazio­ne al mondo, partecipazione che continua anche nella conchiglia chiusa della metamorfosi autistica, proprio del malato cosidetto terminale.

La crisi dell'istituzione e la progressiva liberalizzazione della organizzazione manicomiale comporta una modificazione di molti sintomi schizofrenici, quali ad esempio le stereotipie, anche di quelle più bizzarre e curiose (il labbro protruso a proboscide di quel paziente che avete visto nella diapositiva è una stereotipia).

Queste stereotipie oggi, per fortuna, non si vedono più; la cristallizzazione della personalità schizofrenica, l'irrigidimento della condotta nei sintomi negativi quali appunto i manierismi, le stereotipie che un tempo sembravano inattaccabili sia a livello somatico che psicoterapeutico, oggi non si riscontrano quasi più.

Molto importante nella patologia psichiatrica è il contributo portato dagli psicofarmaci: senza di essi oggi non si potrebbe fare molto per il recupero psicosociale dei nostri malati.

E se trattassimo i nostri schizofrenici aggiungendo alla terapia con LONG ACTING una psicoterapia individuale o di gruppo, la depressione del malato schizofrenico, descritto da tanti autori, non comparirebbe.

Qual'è il significato? È che l'uomo ha bisogno sì della terapia farmacologica ma ha bisogno anche della terapia della parola, ha bisogno di comunicare con un altro essere umano.

Dobbiamo cercare di umanizzare al massimo con tutte le nostre possibilità questa impostazione perché altrimenti la psichiatria, in cui crediamo, naufragherebbe nel più crudo positivismo.

Oggi il significato più ampio e strutturale del concetto di psicoterapia ha sovvertito i tempi di riferimento di queste concezioni mutando profondamente la concezione di malattia mentale come destino ineluttabile

Solamente trent'anni fa parlare di schizofrenia equivaleva a pronunciare una condanna a morte.

Oggi le cose non stanno più così.

La schizofrenia evolve diversamente nei pazienti istituzionaliz­zati e in quelli non istituzionalizzati.

Esiste una nuclearità psicotica processuale le cui orìgini vengono confermate dalle ricerche genetiche che insistono sul cosidetto difetto schizofrenico, sugli esiti apparentemente stabiliz­zati della sindrome dissociativa.

Dobbiamo quindi creare sempre nuove istituzioni sociali e allargare il campo della farmacoterapia.

La fenomenologia clinica del sintomo psicotico viene potenzia­ta e aggravata dall'ambiente paralizzante, burocratico, ripetitivo, autoritario dell'ospedale.

Anche quando il grave difetto schizofrenico è concretato ed espresso rigidamente nella fenomenologia del sintomo autistico negativo terminale l'interessamento positivo, accettante, comporta una risposta che parte dal malato. Essa si esprìme con un maggiore adattamento alle difficoltà che sono implicite alla permanenza del malato nella collettività manicomìale.

Questo interesse positivo ed accettante da parte del malato si può riscontrare nell'approccio psicoanalitico, nella partecipazione attiva ai suoi problemi per operare una autentica presa di coscienza dei suoi sintomi.

Purtroppo non sempre è possibile prescindere dalla sua permanenza nell'ambiente genericamente ospedaliero e non sempre si può usufruire di un esclusivo trattamento domiciliare.

BLEULER insisteva sulla necessità, una volta superato l'episo­dio acuto, di reimmettere il malato al più presto nel suo habitat vitale, per limitare al massimo l'eventuale formazione di stereoti­pie, stereomimie, manierismi e altri sintomi autistici a particolare condizionamento istituzionale.

Nel paziente autistico psicotico gravemente regredito, incapace di organizzare autonomamente la propria esistenza, viene a formarsi una magica simbiosi tra il suo fragilissimo Io, i simboli psicotici della personalità mal strutturata e l'ambiente istituzionale.

Questo ambiente, pur con la sua violenza repressiva ed emarginante ed il rigido autoritarismo gerarchico, costituisce un punto di riferimento sicuro di fronte alla instabilità originaria del malato.

Lo psicotico è incapace di gestire i rapporti interpersonali e di adattarsi alla loro problematicità che richiede una estrema disponibilità al loro continuo mutamento, e, per questo, si rinchiude nell'autismo.

Si lega ai sintomi e per così dire, vive una solidarietà simbiotico-funzionale con l'autorità del potere istituzionale.

Per il malato molto regredito questa situazione costituisce un motivo d'angoscia e di paura, perché richiede predisposizione ad accettare il mondo del reale.

La presa di coscienza di situazioni interpersonali in cui l'Io e il Tu distinti mirano ad una comunicazione diversa, lo stabilirsi di una solidarietà con il sintomo che esprime il ritiro in un mondo chiuso e protetto come quello uterino-fetale, la rinnovata fusione simbiotica con la madre, determinano un equilibrio paradossale che sfocia nell'inerzia e nell’'afinalismo.

Oggi, dopo quasi 10 anni dall'entrata in vigore della legge 180, si tende a sensibilizzare l'opinione pubblica nei confronti del cosidetto deviante.

Si tende a respingere verso il territorio di provenienza i difetti schizofrenici e gli stati terminali della malattia.

L'attività ambulatoriale viene svolta nei Centri psìcosociali e nei Day Hospital, servizi preposti ad attuare e perseguire il reinserimento sociale del paziente.

La formazione sul territorio di équipes pluriprofessìonali rivaluta il contributo del collaboratore medico e paramedico.

Il coinvolgimento degli operatori, al di là della specifica competenza, deve essere culturale, sociale e politico.

Lo scopo, che in questo caso possiamo chiamare ambizione, è quello di correggere le alterazioni, di eliminare con le opportune terapie i sintomi strutturanti le psicosi, di reinserire il paziente nel suo ambiente e di partecipare alle sue reali aspirazioni.

Il malato non deve soffermarsi nel centro terapeutico di assistenza oltre i tempi strettamente necessari, nel senso che la sua permanenza deve essere un periodo di cura ma soprattutto una premessa per il suo inserimento.

Determinante è il ruolo e la funzione dell'operatore sociale psichiatrico che deve essere in grado di valutare le emozioni originate dal rapporto con il paziente, per capire quale richiesta effettiva si nasconde dietro la sua domanda di aiuto.

Le persone che lavorano nelle diverse istituzioni devono essere preparate a comprendere la situazione di chi chiede ma anche ad aiutare il paziente a sviluppare le capacità di uscirne ed a bilanciare la comprensione della richiesta affettiva con la propria emotività.

Certo l'operatore si trova oggi in una situazione diffìcile perché egli si chiede di rappresentare tanto le ragioni delle istituzioni quanto quelle dei suoi assistiti.

L'opera di MICHEL BALINT ha offerto agli operatori sociali la possibilità di svilupparne le capacità e le disposizioni individuali nell'incontro con il paziente.

Attraverso i gruppi di discussione si possono formare, più che informare, gli operatori.

Anche le esperienze del "T" group, di origine americana e del TAVISTOK Institut di Londra sono molto utili per la formazione del personale presposto all'assistenza sociale; anch'essi si ispirano al modello di riferimento costituito da BALINT:

La frequenza dei gruppi consente un diverso atteggiamento nella normale attività professionale e facilita una migliore conoscenza di sé.

Quando l'operatore si sente solo nell'incontro con le magiche realtà del malato condividere con il proprio gruppo la lettura della relazione psicologica gli è di grande aiuto.

SZASZ contesta a ragione quegli psichiatri che hanno senpre considerato la malattia mentale avulsa dal contesto sociale in cui si manifesta.

Lo sviluppo e l'evoluzione dei servizi di assistenza psichiatrica negli ultimi 30 anni ha profondamente mutato la fisionomia dell'ambiente ospedaliere: sono state create piccole comunità terapeutiche specializzate, strutture ospedaliere nuove (day hospi-tal, night hospital); sono state introdotte tecniche terapeutiche collettive con la psicoterapia e l'ergoterapia di gruppo.

Il fatto stesso che gli amministratori e i politici abbiano accettato sempre di più la politica "delle porte aperte" e i mutamenti dei Servizi Psichiatrici da la misura del diverso modo di concepire la malattia psichica.

Il malato non è più un'unità isolata e alienata ma una persona che fa parte di un sistema omogeneo.

L'ospedale psichiatrico, nella sua configurazione attuale, può (essendo in via di smantellamento, deve ancora garantire l'assisten- a ai cosidetti pazienti recidivi che entrano come volontari e deve mantenere la concezione che il malato di mente è un essere umano che fa parte di un sistema di rapporti interpersonali in continua
voluzione.

Quando il malato entra in ospedale passa inevitabilmente da un sistema sociale ad un altro sistema; il suo sistema è considerato elemento di disturbo, di turbamento, di deviazione; il sistema in cui entra invece esiste, si configura e si giustifica proprio con la sua presenza in quanto malato di mente.

J PANCHERI sostiene l'importanza dei compiti dell'infermiere psichiatrico nell'istituzione, ruolo che ha subito una lunga marcia d'innovamento e ristrutturazione privilegiando i nuovi compiti che gli derivano in qualità di operatore sociale rispetto a quello precedente, essenzialmente tecnico e di custodia.

Quello che conferisce soprattutto diversità e innovazione nella figura del paramedico sono i compiti umani:

l'osservazione attenta del malato
ì'interpretazione del comportamento e della manifesta-stazione psicopatologica,
lo studio della psicodinamica e della vita di relazione nei reparti
l'aiuto offerto al malato nell'acccttazione delle terapie farmacologiche.

La responsabilità ed il dovere sociale de1'infermiere oggi non sono solamente legati alla sorveglianza del lavoro collettivo e degli svaghi.

Nel caso di pazienti più gravi e cronicizzati, il ruolo paterno e materno esercitato dal personale paramedico facilita l'insorgenza di presupposti per l'instaurarsi di una effettiva rassicurazione dell'Io fragile e mal strutturato dello psicotico.

Un atteggiamento psicologico valido, quindi, necessita di una completa preparazione tecnico-specialistica che faciliti la pianifica­zione dell'assistenza in rapporto alle necessità del malato e dell'ambiente in cui dovrà tornare ad inserirsi.

Il malato deve essere incoraggiato ad assumere il massimo delle responsabilità nell'atteggiamento ludico, nell'ergoterapia, nell'am­bito della vita relazionale del reparto e di fronte alla propria malattia.

L'organizzazione psichiatrica dei giorni nostri abbandona il riduttìvismo materialista che tendeva a definire la malattìa mentale come una malattia del cervello, emarginata nelle istituzioni, per allargare la sua attenzione e la sua osservazione alla società e all'ambiente che può contribuire alla sua esplosione.

Quella dì oggi, a mio avviso, deve essere una nuova cultura psichiatrica centrata sulla persona nell'ambito di una società che deve attuare per l'assistenza tutte quelle soluzioni che da tempo sono state proposte.

Un ultimo accenno al volontariato. Nell'ambito delle problema­tiche inerenti alla sofferenza mentale esso deve essere sostenuto e incoraggiato perché si oppone alla cultura di abbandono con tutta la vivacità e l'impegno che i nostri giovani sanno dare

Le nuove conoscenze che noi psichiatri riusciamo ad ottenere vengono ad integrarsi con tutte le altre esperienze umane comprese nel rapporto della persona sofferente con il mondo del reale

FREUD, di fronte al problema del sentimento religioso osservava: "Queste cose si mettono in una posizione difficile, non posso scoprire questo sentimento oceanico in me ma non posso su questa base negare che esso si manifesti in altre persone"

Ancora più significative le parole di JUNG: "Qualunque cosa il mondo pensi dell'esperienza religiosa, chi ce l'ha possiede un grande tesoro, un bene che lo ha messo in contatto con la fonte della vita, con la comprensione, con la bellezza e che ha dato un nuovo splendore al mondo e all'umanità".

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